Racconta i diciassette anni perduti della vita di Gesù Cristo, anni che non compaiono in nessun Vangelo (canonico o apocrifo), né deducibili da alcuna fonte storica.
È un romanzo di viaggi, avventure, amicizia, amore paterno e in qualche modo filiale. Il protagonista, nonché voce narrante, è Salomon, il mercante.
La narrazione, storicamente attendibile, ricostruisce il mondo ebraico dal quale scaturì la vita e il pensiero di Gesù e così ci svela il vero, o i veri motivi a contendere fra l’ebraismo di Gesù e quello del Sinedrio, un distacco che la cultura cristiano cattolica non ha mai spiegato, mostrandoci un Cristo già nato “cristiano”, mostrando distanze inesistenti fra Cristo e l’ebraismo.
Nel rispetto dei vangeli, l’autore non entra mai nel merito dei fatti da essi descritti. Accenna, qualche volta, ma senza creare contrasti, ad alcune parabole come fossero i prodromi di una maturazione a venire di un Gesù che si era allontanato dalla Galilea all’età di tredici anni, aveva viaggiato col mercante, da mercante, formandosi, conoscendo genti e culture differenti, per farvi ritorno a trent’anni, pronto al sacrificio. Ma il romanzo fa di più: ci svela un mondo antico ma sempre attuale nel quale la cultura, le religioni, la filosofia, le lingue, la scienza si muovono insieme alle merci. Il commercio come vero motore dell’umanità e unico mezzo di diffusione del pensiero e della tecnica, almeno fino all’invenzione della stampa.
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