Perché eventi “epocali” dell’ultima parte del Novecento, come la caduta del Muro di Berlino, Tangentopoli, la stagione stragista della mafia, i processi ad Andreotti e alla Dc, sono tra di loro così ravvicinati e quasi contigui? Com’è possibile che nessuno abbia mai pensato che, nonostante siano apparentemente autonomi e indipendenti, qualcuno li abbia costruiti a tavolino?
Come nasce l’assoluto predominio del Pci sull’informazione in Italia? E quanti e quali nefandezze, anche criminali, collusioni mafiose, corruttele politiche di ogni sorta, perpetrate dal Pci, sono state oscurate, manipolate, “mascariate”, letteralmente nascoste da una stampa e da un’informazione organica, sottomessa, servile, spesso direttamente “a libro paga” del Partito Comunista Italiano?
A tutte queste domande cercherà di rispondere Gaetano Immè, storico esperto di politica, con un pamphlet forte, coraggioso, ipnotico, muscolare, che è un viaggio negli ultimi sessant’anni di storia d’Italia contro quello che viene definito, senza colpo a ferire, “il sistema criminale, ordito dal vecchio Pci con la complicità della magistratura politicizzata, per trasformare la democrazia costituzionale italiana nella loro oligarchia costituzionale che oggi domina il Paese”.
Attacco al potere comunista potrebbe sin dal titolo sembrare fazioso, ma è un saggio che – lungi dal disegnare foschi e ipotetici scenari – ricostruisce fatti storici realmente accaduti in quegli anni terribili, annodati e commentati seguendo un filo di Arianna che li unisce nella loro consequenzialità logica. Immè non ha alcuna pretesa di giungere alla “verità”, ma la ferma consapevolezza di cercarla nello scarto tra “verità storica” e “verità processuale” e non nelle “mere supposizioni”, non in fumosi “disegni criminosi”.
Enfatico, come fosse cronaca da bar, il libro nasce proprio dall’insopprimibile necessità di «mandare finalmente all’aria proprio quella opprimente coltre di conformismo politicamente corretto, storia costruita su “menzogne” e con “manipolazioni”, di ribellarsi alle tante, troppe, “versioni addomesticate” dei fatti accaduti che l’informazione – drogata e di parte – ha spacciato a piene mani per cinquanta e passa anni, per assicurarsi la benevolenza del suo azionista, eseguendo il suo sporco lavoro a beneficio del suo “padrone”, come un “picciotto” con il suo boss mafioso».
C’è, dunque, in questa operazione anche una forma di “civile indignazione”, di “doverosa disobbedienza” al cospetto di una (dis)informazione corrotta, esplosa soprattutto davanti alle “spudorate” e sfrontate iniziative della Magistratura di Caltanissetta e di Palermo, sul cosiddetto “processo sulla trattativa Stato–Mafia” e su quello, promosso poi dal pentito Leoluca Bagarella, che voleva addossare a “Forza Italia” l’aver garantito e concesso alla mafia corleonese svariati benefici per esserne sostenuto nelle elezioni del 1994. E quanto ancora si dovrebbe dire sulle forme di un “pentitismo” italico di maniera, utile a una certa parte politica con un indiscutibile carattere di pura arbitrarietà?
Francesco (acquisto verificato) –
Molte idee, pochi fatti