A guardarlo non sembrerebbe. Di mezza età, occhi limpidi, piacevole vena ironica e quel particolare accento della Costa Azzurra che affascina e intriga, come sempre, a queste basse latitudini.
Ma Serge Ferrand, che vive su una barca nell’azzurro mare di Sciacca, nell’agrigentino, è un giornalista. Un cronista francese free lance di quelli tra i più feroci, che aggrediscono la notizia dal di dentro e la disintegrano, andando al cuore del problema, spogliandolo e mostrandolo senza false ipocrisie, sbattendolo quasi davanti al naso del lettore.
E per farlo si mimetizza, si cala nel mondo che lui stesso vuole scoperchiare, mangiando le stesse cose e respirando quell’olezzo, quella stessa aria che ha bisogno di essere purificata.
È stato così per le sue quattro precedenti pubblicazioni in lingua francese, dei saggi su differenti aspetti della vita sociale d’oltralpe, e sarà così, lo anticipiamo, con la prossima inchiesta “Parla il numero uno di Cosa Nostra” in uscita per Bonfirraro editore, il primo libro in lingua italiana, per il quale sta crescendo un’attesa febbrile.
Per scrivere “Le Busker” – il libro d’esordio, pubblicato nel 1979 da una delle più prestigiose case editrici francesi, la Robert Laffont Editions – ha trascorso ben sette anni di vita sotto la superficie della società di Parigi, al fine di comprendere cosa celasse l’oscuro mondo dei “busker”, appunto, termine inglese per indicare l’artista di strada. Poco male per lui che nel mitico ’68 lascia gli studi di filosofia per intraprendere un percorso di tipo musicale (da lì a poco nascerà anche il suo primo 45 giri), ma quello che emerge dalla sua inchiesta avrà poco o nulla di romantico: sette anni a fare il “chanteur”, mimetizzato tra l’innumerevole folla della metro parigina, a inseguire gli emarginati, gli hanno fatto scoprire un sottosuolo inquietante e assurdo, un mondo fatto di spaccio di droga, che gioca sulle rivalità tra clan e gruppi etnici e sarà presto catturato nella spirale della violenza. Non è un caso, infatti, che “Le Busker” sia stato subito dichiarato un best seller, vendendo più 200 mila copie e pubblicato in tre edizioni linguistiche differenti.
Ferrand ci prende gusto e dalle sue prime inchieste nascono altri tre saggi, Les Hommes de main (ed. Albin Michel), Aux Ordres du S.A.C. con Gilbert Lecavelier (ed. Albin Michel) e Demain la guerre civile? con Charles Pellegrini, ex-capo dell’Office Central de Répression du Banditisme (ed. N°1) tutti incentrati su temi scottanti e poco “onesti”. Nel frattempo lavorerà per grandi giornali, come Minute e Le Figarò Magazine, per i quali a sua volta seguirà piste troppo scottanti.
È proprio il prestigioso settimanale francese che lo invia in Sicilia, a Palermo precisamente, come corrispondente, a seguito dell’attentato al prefetto Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuto il 3 settembre 1982. E vi rimane, nell’isola, affascinato e stralunato dalla sua luce abbagliante, anche per scoprire le sue antiche origini: «La mia bisnonna era nata qui, in Sicilia – scrive Ferrand – e mi aveva spesso trattato da ‘mafiusu’, mentre non ero certo un malvivente: mafiusu e mafioso significavano di conseguenza qualcosa di diverso».
È qui che comincia a seguire una pista, quella più sanguinaria, alla ricerca dello scoop di tutta una vita…