Mi hanno invitato a nozze. Dovrei scrivere qualcosa sul blog della casa editrice. Quale migliore occasione per far chiudere definitivamente la baracca all’editore. I costi per l’avvocato aziendale supereranno di certo quelli per calmierare le querele. Non vi preoccupate lì sotto, stavo scherzando. Per chi non mi conoscesse, con questo articolo, mi presento al pubblico di questo blog. Mi chiamo Gaetano Amoruso e oggi, uscito da casa, sono andato dalla fruttivendola ante litteram per ossequiosamente salutare e acquistare. Le sue prime parole sono state: “tu sei strano”.
Sorrido ma penso che è appena iniziata la giornata e già sono stato etichettato. Non è che sia una novità. Spesso mi dicono queste tre paroline dolci e docili che saltellano dal pronome personale alla voce del verbo essere all’aggettivo qualificativo maschile singolare. Me lo dicevano fin dalle elementari per via della mia simpatia verso una miserevole squadra di serie C, l’Udinese. Me lo affibbiarono durante la mia militanza nell’Agira esordienti per via delle orecchie a sventola che non nascondevo e che anzi palesavo grazie ad un taglio da naziskin e alla scritta laterale destra sul cuoio capelluto piuttosto ambigua: “Dum differtur, vita transcurrit”. Alle medie le cose non cambiarono. Ero strano per via della mia destrezza nello scrivere. Solo la professoressa Pelleriti capì. Alle superiori l’exploit: tanto ero strano che volevo affacciarmi o meglio camminare su una finestra di un albergo al quarto piano. Grazie ad un mio compagno di studi e di stanza e poi di vita e anche di Facebook oggi potete leggere questo articolo. Per un lungo periodo sono stato strano per le mie iniziative nel sociale, per aver fondato un’associazione di salvaguardia del patrimonio storico di Agira, per essere riuscito a far aprire dalla Procura di Enna alcune inchieste con i miei pezzi “strani” di denuncia. E poi strano al lavoro nonostante i traguardi, diciamo le gare, vinte reiteratamente. Un trasferimento strano mi dicevano i clienti e poi i parenti, i luogotenenti e i nullafacenti. Alla Kore sono diventato folle. Ma non rinnego nulla contrariamente ad altri. Un notevole passo avanti … Qualche giorno fa un collega di lavoro mi ha detto: “mi piace l’utilizzo che fai di Facebook, strano ma …” non ha mai completato la frase. E strano pure a Catania per studiare sui marciapiedi durante la pausa lavorativa. Mah, svegliatemi quando non lo sarò più. Per ora penso possa bastare. Vi rimando al prossimo appuntamento non più per parlare di me ma di voi! Mai daùr.
Gaetano Amoruso